Vernacolese

mercoledì, aprile 18, 2007



CELLURI SI, CELLULARI NO

Le recenti vicende che hanno coinvolto la scuola, diffuse spesso con toni scandalistici dai mass- media, rischiano di guastare i già difficili rapporti educativi che dentro la scuola vedono coinvolti insegnanti, genitori e allievi, con pregiudizio per i processi di apprendimento e crescita che a scuola si svolgono.
Io sono convinto che un percorso formativo debba svolgersi nell’ ambiente scolastico, per questo le famiglie le farei restare fuori; per questo il clima relazionale della classe va curato affinché permetta a tutti e ad ognuno di esprimersi, porre domande, apprendendo insieme agli altri.
I cellulari, come i registratori, gli i-pod, come gli apparecchi fotografici o le telecamere, costituiscono la presenza di un occhio-orecchio esterno che ascolta. Gli antropologi ci dicono che la presenza di un osservatore, nei fenomeni sociali, non è mai neutra, modifica la situazione osservata.
Per questo motivo è giusto spegnere i telefonini durante le ore di lezione.
Sarebbe forse stato meglio che una regola del genere venisse discussa coi docenti e dai docenti coi ragazzi, anzichè farne una regolamentazione centrale e calata dall’alto, che, per quanto si muova nella giusta direzione, rischia di essere rifiutata, aggirata, mal sopportata dai destinatari.Crescere dentro le regole, non significa solo rispettarle ciecamente sempre: l’età evolutiva esige che i ragazzi provino a interpretarle, ad adattarle, a personalizzarle, a correggerle e a cambiarle quando sia necessario… così imparano la democrazia e la cittadinanza. Il cellulare ha molte funzioni, e ad ognuna di esse va data una risposta educativa diversa: come strumento di disturbo, come strumento per risolvere i compiti in classe, come strumento di registrazione di parole e immagini che possono distorcere la realtà, scherzi che sembrano violenze, c’è la questione della privacy che nella scuola secondo me non ha motivo di esistere se si considere la scuola come un luogo di crescita insieme, di amicizie, ri relazioni, anche di conflitti e di inimicizie, ma che tutte partecipano alla crescita del ragazzo, ed essendo un luogo pubblico, devono essere rispettate le regole della convivenza civile. Quindi a che serve escludere un ragazzo dagli esami? Questa fase punitiva non porta da nessuna parte, invece bisogna riparare,come dice il Ministero, ripare il danno, le infrazioni alle regole con la messa alla prova, perché nell’educazione è ammesso sbagliare, ma non si può essere esclusi per sempre. Come pure il fattore bullismo, che scopo ha di metterlo sul piano penale? Ma ci rendiamo conto, far intervenire la giustizia, significa che noi educatori siamo arrivati leggermente in ritardo e quindi ci si deve interrogare su una sconfitta.
Mettere in relazione il comportamento e l’apprendimento non è, a nostro avviso, una buona strada: molti studi hanno messo in evidenza che ogni istituzione, ogni individuo, esercita controllo e pregiudizio nei confronti degli allievi… si rischia in questo modo di annullare, per un pregiudizio comportamentale, anche le residue risorse dell’allievo (musicali, matematiche, sportive, espressive, tecniche…). Meglio evitare di mettere per iscritto questa possibilità di esclusione o punizione.