Vernacolese

sabato, novembre 17, 2007


IL TRIANGOLO PERVERSO.

Tempo fa scrissi alcune considerazioni sulle condizioni dei giovani e dei loro disagi, tra droga, alcool e bullismo con la speranza di esorcizzare questo problema. La situazione è peggiorata. Addirittura si ammazza (caso di Perugia), e si continua a sfasciare e distruggere “sfruttando” la morte di un tifoso, la cui colpa è stata quella di trovarsi nel posto sbagliato, nel momento sbagliato. Ma che sta succedendo? Perché tutta questa violenza? Perché i nostri giovani devono ridursi a novelli Attila? Cosa li spinge a simili comportamenti? Scrissi del triangolo: famiglia – scuola – figli, i cui alti sono, o almeno dovevano essere, l’uno il prolungamento dell’altro, l’uno il supporto dell’altro. Così non è stato. Qualcosa si è inceppato in ognuno dei tre lati. Ognuno ha le proprie responsabilità. La famiglia è stata posta sul banco degli accusati, per me è una soluzione semplicistica e ingiusta. Così come il Ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni è attento a distinguere fra i tanti insegnanti che fanno il loro dovere e alcune ‘mele marce’, così anche a proposito di famiglia non si può fare di tutte le erbe un fascio. È ormai unanimemente riconosciuto che sulla famiglia grava gran parte dei costi sociali e si scaricano poi altre tensioni: la crisi economica, l’integrazione e via dicendo. La famiglia però è sola ad affrontare tutte queste problematiche. Manca un’ adeguata politica di sostegno alle famiglie che consenta loro di affrontare le varie forme di disagio. E manca un vero protagonismo delle famiglie, che a volte sono consultate, spesso sono oggetto di interventi, ma difficilmente sono coinvolte nelle scelte. Risulta che i nostri alunni sono tra i peggiori per quanto riguarda i risultati (ventiseiesimo posto sia nella lettura sia in matematica, con diverse posizioni perse nel giro di pochi anni). Gli insegnanti sono quelli che stanno in classe il numero minore di ore annue. Come si dice: “senza peli sulla lingua”, anzi nella penna: gli insegnanti sono troppi e i loro (modesti) stipendi assorbono la stragrande maggioranza degli investimenti destinati alla scuola. In questi dati scarni c’è un preciso ritratto del nostro Paese, che non vogliamo guardare. Un Paese che da tempo ha rinunciato a immaginare il proprio futuro, lasciando questo compito, nella migliore delle ipotesi, alla buona volontà dei singoli. La prima osservazione, quasi ovvia, che viene da fare è che per troppo tempo la scuola italiana è stata trattata come un problema eminentemente occupazionale da un lato e, dall’altro, come uno spazio - o meglio, come un insieme di molti spazi - da conquistare. Problema occupazionale, ossia: la scuola deve dare innanzitutto lavoro. Perché prima c’era un solo maestro elementare mentre poi ne sono stati necessari tre? Fu un’esigenza educativa a dettare questa riforma? No. L’educazione dei giovani è un problema che investe tutto un Paese, e la scuola ne è parte essenziale. Educare vuol dire aiutare i giovani a diventare uomini adulti, in grado di assumere le proprie responsabilità fino in fondo. La scuola fa la sua parte in questo grande compito trasmettendo conoscenze. Questo è lo scopo della scuola, non certo quello di dare lavoro a laureati disoccupati. Viceversa, se la scuola viene trattata come un problema statistico, il primo elemento ad essere messo fuori gioco è proprio il più importante: il valore della persona. E non parlo solo della persona del giovane, ma anche di quella dello stesso insegnante. Non basta, infatti, dare a una persona un’occupazione e uno stipendio: bisogna darle anche uno scopo. Un lavoro senza scopo è degradante e umiliante. Dunque, il giovane è conscio di questa situazione, il giovane debole, il giovane che non è seguito dalla famiglia, il giovane che vede la famiglia come “ un nemico “ trova conforto e accoglienza in luoghi e compagnie di suoi simili e …succede quello che, in una società di finto benessere, nessuno vorrebbe mai vedere. Un fatto ci consola: la famiglia italiana è sana, ha solo bisogno di nuovi punti di riferimento e certezze. Come anche i ragazzi. Non possiamo rassegnarci a dire che sono svogliati, non hanno voglia di studiare, fumano, pensano solo a divertirsi…dobbiamo dare loro le “opportunità”. E anche voi giovani, dimostrate quello che valete, non dite sempre no, a prescindere, guardatevi attorno, individuate chi può “aiutarvi” e tirategli fuori quello che può darvi, perché lo darà con piacere. Volate alto, ragazzi.Come sempre vi lascio con il mio augurio di serenità.
Non vi è politico più inefficiente di quello che, fuori dal Parlamento, è disoccupato.