Vernacolese

sabato, gennaio 17, 2009


In sintesi il viaggio dell’ex pm nel capoluogo partenopeo si è chiuso con il seguente bilancio: a) ha scoperto che il figlio è indagato; b) ha fornito la quinta (o sesta) versione diversa alla domanda sulla «inquietante» fuga di notizie relativa all’inchiesta Mautone (tra un po’ confesserà che gliel’ha detto Frate Indovino); c) ha fatto capolino nella sezione regionale trovando il suo partito lacerato come un criceto finito nelle fauci di un dobermann, con dirigenti che quando sono gentili si accusano l’un l’altro di essere camorristi. Povero trattorista: ci mancava che gli rubassero il Rolex, e poi il servizio era completo.
A questo punto, per dirla in dipietrese, la frittata è fatta. Il danno irrimediabile. Cristiano (glielo auguriamo) dimostrerà la sua innocenza, Tonino (lo speriamo) riuscirà finalmente a spiegare come ha saputo dell’inchiesta, il partito campano troverà la pace, con o senza mediazione dei Caschi blu dell’Onu. Ma se anche tutto questo dovesse realizzarsi, ormai il dato politico resta: i grandi moralizzatori hanno bisogno di essere moralizzati. Si sono dimostrati uguali o, anzi, peggio di tutti gli altri. Qui finisco la STORIA DI DON ANTONIO
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