Vernacolese

mercoledì, giugno 13, 2007



Devo aggiornare il mio pensiero:
I comunisti non mangiano i bambini. Ma tutto il resto sì.
La lettura delle intercettazioni tra D’Alema, Fassino, Consorte, Ricucci e il resto della compagnia non ci interessa tanto sul piano penale, quanto su quello antropologico. Quelle righe confuse e spezzate di colloqui telefonici, quegli ammiccamenti, il gergo da bar sport, quel parlare di soldi altrui senza pudori, il mettere assieme danaro e politica come fossero tutt’uno, non è spazzatura ma prezioso materiale di studio. Sbriciola definitivamente quel residuo di prosopopea morale, di supponenza, che finora ha fatto percepire le vari incarnazioni del Pci come il luogo dei diversi e dei migliori. Quel residuo che ha permesso ai D’Alema e agli altri di quel partito di parlare sempre da un ideale pulpito di virtù, qualche gradino sopra la folla. Il vizio di guardare gli interlocutori dall’altro in basso, di alzare il sopracciglio e arricciare un poco il naso mentre si attraversa quasi per caso l’agone infetto della politica è tipico di quel collettivo umano e politico rappresentato dai dirigenti diesse di oggi. Ed è un vizio terribilmente irritante quando motivato da una qualche effettiva alterità morale, ma diventa ridicolo quando si è impastati nello stesso fango. Non è un fatto personale, non ci interessa il caso di questo o di quello, piuttosto osserviamo con lo sguardo attento da entomologo un fenomeno naturale che sospettavamo come ipotesi e che ora l’osservazione empirica conferma.
Sono anche loro della stessa specie.