Vernacolese

venerdì, settembre 07, 2007


LETTERA APERTA AL MINISTRO FIORONI
Esimio signor ministro,
sono un’insegnante che da oltre trent’anni lavora nella scuola elementare ed essendo maschio, immagini Lei come me la passo. Bene o male mi sono trovato ad attuare varie riforme e bene o male le ho messe in cantiere con impegno ottenendo anche dei validi risultati. Mi è capitato anche di attuare la Riforma Moratti: ho iniziato con una prima elementare e dalla delibera del Consiglio di Circolo viene fuori che “solo” chi inizia dalla prima attua la riforma. Bene, mi sono messo al lavoro e “solo” mi sono costruito il P.S.P. e I vari O.S.A. per la prima e la seconda. Molto impegno e molto lavoro. Alla fine dell’anno scolastico consegno i documenti di rito e il Dirigente mi fa i complimenti per il lavoro meticoloso e preciso eseguito. A settembre, prima del Collegio dei docenti, mi chiama e mi consiglia di adeguarmi alle decisioni che verranno prese durante il suddetto Consiglio, perché solo io ho attuato per bene la Riforma Moratti e quindi …mi devo adeguare. Cosa che ho fatto durante lo scorso anno scolastico, aspettando le Sue direttive che speravo fossero chiarificatrici e migliorative. Mi dispiace, ma sono rimasto deluso. Sono d’accordissimo sul “punire” i fannulloni, sono d’accordissimo sulla missione educativa della scuola e del rispetto verso di essa e quindi il ripristino della legalità, ma sono in disaccordo con le Indicazioni nazionali e il curricolo. Ho riletto quelli della Moratti e le devo dire che poco è cambiato, se non nulla, si ricalcano i P.S.P. e le indicazioni parlano la stessa lingua. Francamente, dopo tutta la “guerra” che c’è stata per mandare a casa la riforma Moratti, che perfetta non era, ma quantomeno dava ai giovani, soprattutto a loro, la possibilità di uscire dalla scuola con un diploma e una specializzazione. Sono rimasto deluso nel leggere lo scarso interesse che Lei dimostra sull’ informatica e l’insegnamento della L2, dire che sono “elementi aggiuntivi”, suscita perplessità. E’ del tutto evidente che un paese dove non si conoscono i fondamenti e l’uso corretto della propria lingua nazionale, non si sa far di conto, non si hanno nozioni elementari di geografia, è un paese che non funziona. E che questo tipo di ignoranza sia sempre più diffuso in maniera intollerabile è un fenomeno purtroppo ben noto. L’inglese e l’informatica sono, nel mondo attuale, strumenti necessari per la vita quotidiana: perché viviamo in una società dove gli spostamenti sono frequenti sia in uscita che in entrata dal nostro territorio e l’inglese è la nuova lingua franca (per tacere di altri aspetti importanti); perché ormai è quasi tutto computerizzato e c’è una spinta continua ad allargare questo campo. Se ciò è vero, ha senso marginalizzare queste materie nelle nostre scuole? Facciamone, come si diceva una volta, una questione di classe. Se la scuola non si occupa di questi aspetti, produrremo una società spaccata in due: quelli che avevano i soldi (e la cultura dei genitori) per passare le vacanze in Inghilterra o in America, e per avere un computer a casa, e quelli che non avevano questa fortuna e dunque sono finiti tagliati fuori. Mentre in altri paesi (Turchia per es.) si punta su una alfabetizzazione massiccia all’inglese con insegnanti qualificati, sostenuti da lettori madrelingua, laboratori linguistici e quant’altro. Un’altra delusione l’ho avuta quando ha sostituito le tre I della Moratti con le “tabelline, grammatica e la geografia, e perché non ha aggiunto anche la storia, che, secondo me andava ristrutturata? Qui la Moratti aveva commesso un “ errore”: non è possibile studiare l’impero romano solo in quarta elementare e uscire dalla scuola elementare senza sapere chi era Cristoforo Colombo e dalla media senza sapere nulla della 1^ guerra mondiale. Lei ha lasciato tutto come prima. Cosa diranno coloro che l’hanno votata? Saranno rimasti delusi, adesso organizzeranno girotondi e porteranno in piazza i bambini come hanno fatto con la Moratti? (Spero di no, era uno spettacolo deprimente, signor ministro). Mi deve scusare se adesso mi permetto di farLe notare che nella nostra scuola, checchè se ne dica, i nostri “simpatici mocciosetti” le tabelline le conoscono, i nostri alunni la grammatica, per quello che compete loro, la conoscono e la applicano. I miei alunni, in seconda elementare, nel dettato prima e nella parafrasi dopo, in terza, non commettevano errori. Secondo me più che delle indicazioni metodologiche, si ha bisogno di un serio discorso sul rapporto tra carico di lavoro sopportabile per uno scolaro e ampiezza delle nozioni che si ritiene necessario trasmettere. Ben venga la serietà nelle valutazioni e negli esami che Sta meritoriamente ripristinando, ma sia accompagnata da un dimensionamento ragionevole della quantità di nozioni da esigere, che vanno veramente imparate una volta per tutte e non appiccicate lì provvisoriamente per superare le prove e poi subito dimenticate. E, per cortesia, evitiamo i provincialismi di ritenere che un semplice ritorno di facciata al “buon tempo antico” possa farci recuperare i guasti che noi stessi abbiamo prodotto propagandando una società dove dell’ignoranza non si deve vergognare nessuno e soprattutto quel cercare di appiattire chi qualcosa in più vuol fare. Vede signor ministro, c’è un divario enorme tra chi legifera e chi sta sul campo, nella sua commissione, se non sbaglio, c’è solo un insegnante, tutti gli altri sono esimi pedagoghi e studiosi di “cose” di scuola. Per una mia curiosità, quanti di loro sono stati dietro a una cattedra e per quanto tempo? Con il dovuto rispetto la ossequio sperando in una vera e duratura Riforma che non penalizzi sempre gli studenti e anche chi lavora con spirito di sacrificio e passione, perché può succedere che la passione passi. Antonio Germino