Vernacolese

domenica, gennaio 06, 2008


Dalla grandezza alla monnezza. Dai tributi ai rifiuti. Dal trionfo al tanfo. «È la liberazione di Napoli!». Con queste parole Antonio Bassolino diventava ufficialmente sindaco della città. Parole al vento, e neanche tanto profumato. A sentirle oggi, c'è da tapparsi le orecchie, oltre che il naso. «Dobbiamo rappresentare la Napoli dei molti colori», diceva lui. Visti i marciapiedi, oggi prevale decisamente il marrone. È la storia di un impero, quello di Bassolino, nato con le grancasse e morto coi gran cassonetti. E pensare che lo davano in odor di santità, altro che puzza di pattume. I tempi d'oro iniziavano nel ’93, quando al grido di «Lavoro e Legalità!» don Antonio conquistava il municipio promettendo faville. «Sarà un nuovo Rinascimento», diceva fresco d'elezione. Al buio delle corruttele, lui prometteva 'o sole del buon governo. Adesso al massimo, ci sono le nubi alla diossina. «Napoli non è Calcutta», dicevano i giovani progressisti. Ora, a confronto, Calcutta pare la Svizzera.