Vernacolese

mercoledì, ottobre 31, 2007

venerdì, ottobre 26, 2007

giovedì, ottobre 25, 2007


DA:" LIBERO"...E’ TUTTA COLPA SUA
A volte ritornano, e pazienza. A volte non se ne vanno mai e poi mai. È il caso di Giulio Andreotti, democristiano senza requie, che da sessanta anni è sempre lì e non lo schiodi nemmeno con la fiamma ossidrica. Sono convinto. In nessun altro Paese al mondo esiste un tipo così, praticamente immortale e inamovibile. Pazienza se lo tenessero a Palazzo Madama quale soprammobile, portafortuna, souvenir, massì monumento. Macché. Andreotti lavora moltissimo sulle carte parlamentari come tutti quelli che non hanno mai lavorato sul serio, non diserta una sola seduta, è il primo ad arrivare in aula e l'ultimo ad andarsene (speriamo spenga la luce, visto che la paghiamo noi). Si dà da fare, partecipa a riunioni ed è un perfetto cattivo consigliere; ne sa qualcosa Mastella. Già. È stato Giulio a suggerirgli di non dimettersi, e se siamo ancora qui a parlare di Prodi - cade o non cade? - lo dobbiamo a lui, altrimenti a quest'ora ci dedicheremmo a un bel funerale. Alla sua età - 88 primavere - avrebbe diritto al riposo, non dico eterno, ma un lungo e meritato riposo sì, con contorno di nipoti e pronipoti, tè e biscottini, passeggiata al parco.

mercoledì, ottobre 24, 2007


MASTELLA SI DIMETTE DI NOTTE, MA RESTA DI GIORNO


Firenze - Il braccialetto è in bella vista, allacciato intorno al minuscolo polso di un neonato che compare sullo sfondo in un’immagine leggermente sfocata. Ma, invece del nome del bambino, come avviene in ogni nursery, qui c’è scritto «homosexual». È l’immagine scelta dalla Regione Toscana per la campagna di comunicazione contro l’omofobia (dal titolo «L’orientamento sessuale non è una scelta»), patrocinata dal Ministero per le Pari Opportunità: spot, pagine pubblicitarie, cartoline e depliant da distribuire e manifesti da affiggere in luoghi pubblici in collaborazione con le Province. «Si tratta di una campagna pulita, che rispetta la privacy e il buon gusto», secondo l’assessore regionale Agostino Fragai.

lunedì, ottobre 22, 2007


la sensazione di vivere in una Repubblica delle banane, dove i poteri dello Stato si prendono a pugni in modo plateale e il popolo esulta quando uno dei pugili finisce stordito al tappeto. Uno spettacolo così tragico e ridicolo non si era mai visto. Tra l'altro non solo Mastella è indagato dal pm del quale ha chiesto il trasferimento; nello stesso registro figura il nome del presidente del Consiglio Romano Prodi. Si può andare avanti così? Si può far finta che sia tutto normale?


Vero. Il popolo di sinistra sopporta tutto. Gli dicono una cosa un giorno e quello dopo un’altra. Viva le tasse, abbasso le tasse, viva il lavavetri, abbasso il lavavetri, viva l’indulto, abbasso l’indulto, abbasso la sicurezza, viva la sicurezza, tolleranza cento, tolleranza zero, premierato forte, premierato debole, parlamento debole, parlamento forte, maggioritario, proporzionale, partito in un modo e partito in un altro. Vero. Il popolo di sinistra sopporta tutto. Il welfare così, il welfare cosà, il welfare come lo vuole Confindustria, no, i sindacati, no, la Fiom, no, il portinaio di palazzo Chigi, no, il Consiglio dei Ministri, che però prima non lo convocano, poi invece lo convocano, per mettersi d’accordo oggi, anzi, domani. E dopo bisogna tagliare i costi della politica, e non bisogna più tagliarli, e lì Santagata s’incazza, e allora dice che è tutta una farsa, e la colpa è della Lanzillotta, ma la Lanzillotta di Santagata se ne sbatte, e il povero popolo di sinistra? Il popolo di sinistra sempre lì, sempre con la pazienza di Giobbe, sempre a sopportare tutto. Tutto, ma tutto, ma tutto. O meglio, stando alle primarie, tutto meno la Melandri.

domenica, ottobre 21, 2007


IL RAS DI CEPPALONES ENON SI E' DIMESSO, COME VOLEVASI DIMOSTRARE, HA ADDIRITTURA DICHIARATO DI VOLER ANDARE ALLE ELEZIONI PERCHE' E' PRONTO PER PASSARE CON CASINI E QUINDI COL LA CDL. SIAMO PROPRIO NELLA MERDA. (scusate la volgarità, ma non trovo altre parole, al momento).

venerdì, ottobre 19, 2007

giovedì, ottobre 18, 2007

lunedì, ottobre 15, 2007


Cristian Constantin Zaharia, 31 anni, in Italia da sei, rumeno, cameriere in un bar di Roma, ha votato cinque volte sotto i nostri occhi alle elezioni primarie del Partito democratico. Quattro dei suoi cinque voti per Veltroni sono quindi non validi. Cristian non ha fatto appostamenti, raggiri, trucchi, non c’è stata nessuna dichiarazione falsa. Ha mostrato sempre il suo documento d’identità con la residenza italiana, via del Fontanile Arenato, e ha votato per cinque volte con il suo nome e cognome, come dimostrano le ricevute che gli sono state rilasciate in qualità di «partecipante al processo costituente» del Pd. A seguire Cristian per i seggi delle primarie in effetti si muore dal ridere. Bastano due ore e quindici minuti. Si parte all’una dalla zona ovest di Roma, dai quartieri che abbracciano il grande parco di Villa Pamphilj, in direzione del Gianicolo, e poi più giù, verso San Pietro.
ECCO, CARI ELETTORI DEL COSTITUITO P.D., COME PER PRODI CHE DA 4 MILIONI SONO SCESI A 1,8 MILIONI, COSI' PER PACIOCCONE SI SON FATTI VOTARE TUTTI PER DIVERSE VOLTE, VIVA IL P.D. ovvero PARTITO DIONISIACO. TUTTO VECCHIO SOTTO LE STELLE DI ROMA.

domenica, ottobre 14, 2007


IN 500MILA SONO ANDATI PER RICORDARE AL BOLOGNESE
CHE DEVE LASCIARE ROMA E VILLA BORGHESE.
TORNERA' A MANGIAR TORTELLINI IN PRODINO
PIADINE ALLA SCHIOPPA E BERSANI CON COTECHINO.


L' UOMO VERDE CHE INQUINA, SI BECCHERA' UN NOBEL SOLO PERCHE' HA RACCONTATO, NEL SUO FILM, UN CATASTROFISMO CHE NON CI SARA' MAI. PENSO CHE IN SVEZIA SI SIANO FUMATO IL CERVELLO. POSSIBILE CHE SUL PIANETA NON C'E' UN'ALTRA PERSONA MERITEVOLE DI SI' GRANDE RICONOSCIMENTO?

sabato, ottobre 13, 2007

mercoledì, ottobre 10, 2007


Ma chi era veramente Che Guevara?

Conosco la storia del “Che” non in modo approfondito, ma la conosco. Era un rivoluzionario, l’icona alla quale si richiamano movimenti più o meno rivoluzionari e, almeno in America Latina, uomini politici di primo piano come il venezuelano Hugo Chávez, il novello comunista, che chiude televisioni e fa fare 4 ore di marxismo nelle fabbriche. Oltre, naturalmente, a Fidel Castro, moribondo, lui e il comunismo. Una cosa mi ha colpito e che mi ha indotto ad approfondire il “discorso” sul nostro “eroe” e cioè la presenza sul mercato di icone del Che. I nostri giovani comunisti che sfilano con bandiere rosse con il volto del Che, vestiti come il Che, qualcuno con il sigaro come il Che, mi danno da pensare. Ma loro conoscono veramente la vita, la storia dei questo falso esempio di difensore dei deboli? Il Che è diventato un simbolo di libertà, uguaglianza, ribellione al dispotismo. Addirittura pacifismo. il primo paradosso: le icone vendono bene: Guevara, che tanto (o poco?) ha fatto per abbattere il capitalismo, è oggi ridotto al più classico marchio capitalista. In effetti, il suo volto adorna tazze, felpe, accendini, portachiavi, berretti, sciarpe, bandane, camicie, borse, jeans, confezioni di the alle erbe. I seguaci del culto, tra cui si annovera anche Diego Armando Maradona, relitto umano, dopo aver fatto sognare milioni di cristiani, conoscono la vera storia del loro eroe? Pare di no. Mi ci scommetto la mia vacanza a Moliterno che non la conoscono. Era un ipocrita e un moralista. È lo stesso Guevara a sintetizzare il proprio sanguinario ideale di giustizia nel suo modo di concepire il governo: «L’odio come fattore di lotta - l’odio intransigente contro il nemico - che spinge oltre i limiti naturali dell’essere umano e lo trasforma in una reale, violenta, selettiva e fredda macchina per uccidere». «Selettiva» fino a un certo punto. Nella prima metà del 1959, a rivoluzione ormai conclusa, Guevara dirige la prigione di La Cabaña, anche nota come “galera de la muerte”. I nemici politici sono sottoposti a processi sommari. Il Che impartisce disposizioni precise ai membri del tribunale: gli accusati sono tutti assassini e devono finire al muro. Stime attendibili parlano di 400 esecuzioni in meno di sei mesi. Forte di questa esperienza, il Che crea, insieme con Fidel, l’apparato di polizia che ridurrà in schiavitù sei milioni e mezzo di cubani. Nel 1961, dopo la fallita invasione della Baia dei Porci, il nuovo Stato di polizia si consolida. Secondo il Che è l’occasione buona per far sì che i contro-rivoluzionari «non rialzino mai più la testa». La categoria “contro-rivoluzionario” è intesa nel modo più estensivo possibile. Le porte dei campi di concentramento progressivamente si spalancano per «dissidenti, omosessuali, vittime dell’Aids, cattolici, testimoni di Geova, sacerdoti afro-cubani e altri indesiderabili». C’è un aspetto poco noto che merita di essere descritto: il moralismo del Che. «Nel 1958, dopo aver preso la città di Sancti Spiritus, Guevara cercò (senza successo) di imporre una sorta di shar’ia regolamentando i rapporti fra i sessi, l’uso dell’alcol e le scommesse informali». Il tutto all’insegna di un puritanesimo che il comandante non si sognava neppure di applicare nella sua vita personale. Anche l’ideale collettivista poggia su massime non esattamente democratiche quali: Le masse in lotta approvano la rapina delle banche, perché in esse non è depositato uno solo dei loro soldi. Fra il 1959 e il 1961, Guevara ha in mano le leve dell’economia cubana, prima come direttore della Banca Nazionale, poi come ministro dell’Industria. I risultati sono disastrosi. In quel periodo si verificò il crollo pressoché completo della produzione di zucchero, l’industrializzazione fallì del tutto e si dovette ricorrere al razionamento. La riforma agraria fu un affare per i burocrati: le terre sottratte ai ricchi non finirono ai contadini ma agli uomini dell’apparato. Fra il 1961 e il 1963 il raccolto si ridusse della metà. Perfino l’immagine di genio della guerriglia mostra qualche crepa. Il maggiore successo di Guevara contro Batista, la conquista della città di Santa Clara, è stato messo in discussione di recente. Pare infatti che la resa fu concordata in cambio di una forte somma di denaro. I gruppi di guerriglieri organizzati in Nicaragua, Repubblica Dominicana, Panama e Haiti finirono presto e male. Disastrosa la spedizione in Congo. Guevara si schierò al fianco di due ribelli contro il regime congolese appoggiato dagli Usa. Il primo si chiamava Mulele. Dopo aver preso la città di Stanleyville fece vedere di che pasta era fatto: fu assassinato chiunque sapesse leggere e portasse la cravatta. Il secondo era Laurent Kabila, un altro assassino patentato, come risulterà evidente negli anni Novanta. Nel 1965 Guevara capì che la partita era persa e cambiò aria. Salì al potere Mobutu che instaurò una tirannia destinata a durare decenni. La missione in Bolivia fu invece dilettantesca. Il Che non si accorse di non avere l’appoggio né dei contadini né del partito comunista boliviano. Fu catturato nella gola dello Yuro subito dopo aver incontrato l’intellettuale francese Régis Debray. Il giorno dopo, 9 ottobre 1967 viene ucciso.
Tirando le somme Che Guevara fu molto simile al dittatore Batista, rispetto al quale fu però più spietato ed efficiente. In Guevara emrge l’influenza dominante di una figura autoritaria nel sistema di governo e il collettivismo, cioè il disprezzo per l’individuo, la proprietà privata, il capitalismo. Caratteristiche evidenti negli attuali regimi venezuelano e boliviano. Il liberalismo in Sud America è forse destinato a rimanere un miraggio? Questo era, miei cari giovani il vostro idolo con il sigaro in bocca! I suoi ideali sono i vostri ideali? Se sì siete fottuti, se non lo sono, abbandonate questi falsi miti e rivedete un po’ le vostre posizioni.

lunedì, ottobre 08, 2007

martedì, ottobre 02, 2007