Vernacolese

martedì, marzo 31, 2009


GIANNI VATTIMO:Il pensiero debole e la grammatica zoppicante: più che un’alleanza, un destino. Curiosa accoppiata. Il leader contadino un po’ machista e il raffinato filosofo orgogliosamente gay. Era da prevedere, però, vista la china presa dal pensatore torinese da un po’ di anni a questa parte. Prima l’amore per un cubista ventenne, poi le marchette al parco Valentino, ora la manetta e la sbarra, forse le ultime e irresistibili attrazioni feticiste per Vattimo. Certo, tra i Dialoghi con Nietzsche del 1961 ai dialoghi con Tonino nel 2009, il passo fa impressione. Anche perché lo avevamo lasciato comunista, immarcescibile supporter del Venezuela di Chavez e della Cuba di Fidel Castro. Si candida anche la hostess licenziata. E' incredibile come il questurino riesca a fare proseliti in cerca di stipendi e pensioni eccezionali.   Più che Italia dei Valori mi sembra un club di Trombati. Viva Tonino!

lunedì, marzo 30, 2009


"Lancio una sfida a Berlusconi a fare con me tre dibattiti: uno davanti a mille disoccupati, un altro davanti ad insegnanti e studenti e un altro davanti agli imprenditori", ha detto poi Franceschini bollando Berlusconi come "un uomo che non guarda al futuro". "Berlusconi è come se avesse lo sguardo sempre rivolto al passato". IO non ce la faccio a commentare.

martedì, marzo 24, 2009


Vorrei fare una domanda alla sinistra di TODI: "Cosa ne pensate del piano casa che sta per essere varato dal governo centrale. Non vi è gradito come a lampaDARIO dalle idee brillanti o sotto sotto siete favorevoli?" Grazie , Germino.

domenica, marzo 22, 2009


A furia di illuminarsi (per le sue brillanti idee), finiranno per chiamarlo lampaDario FranceschEnel. Appena insediatosi ebbe l’idea di giurare sulla Costituzione, come Obama. Poi l’assegno mensile per i disoccupati, l’una tantum per i ricchi, o meglio per quelle 200mila persone che guadagnano più di 120mila euro e li dichiarano onestamente: in pratica un gettito per i presunti beneficiari di 4 euro a testa al mese, per cui molti italiani hanno fatto il salto; erano ricchi e non se ne sono accorti. Ebbene, flash dopo flash oggi lampaDario è tornato a brillare con un’altra magia. Semplicemente, si è trasformato in Veltroni, è fatalmente caduto vittima del virus killer del «ma-anche». Sulle alleanze corriamo da soli, dice: «ma anche» in compagnia. Parola di segretario: «Noi non torneremo all’Unione, a quell’ alleanza di 15 sigle che si combattevano tra di loro», però non ci presenteremo mica da soli, no, «avremo pochi alleati con un programma chiaro». E aggiunge: «Ora però è prematuro parlarne». Certo, come no: ora è prematuro. Non è che possiamo decidere tutto adesso, domani si vedrà. Ha detto basta con l’antiberlusconismo, ma anche di vigilare.

venerdì, marzo 20, 2009

Blogger di tutto il mondo, svegliatevi!

Uno di voi muore in carcere in Iran, ma non è una morte virtuale

Si chiamava Omid Reza Mirsayafi. Dicono si sia suicidato. E’ morto ieri nella prigione iraniana di Evin. Ventinove anni, Mirsayafi era stato condannato nel novembre scorso a due anni e mezzo di carcere per attacchi al capo della Repubblica islamica Ali Khamenei. Era stato giudicato da un tribunale rivoluzionario, in un regime in cui il diritto è l’apparato della forca.

Da quando è al potere Mahmoud Ahmadinejad i casi di dissenso in rete, e di repressione e giustizia sommaria, si sono moltiplicati. Accade anche in Cina, in Egitto, altrove nei confini della barbarie politica e civile. Ma nessuno in realtà pensa alle tragedie on line come a tragedie autentiche, la violenza che si abbatte sul weblog publisher in rivolta contro la tirannia ha stranamente un’altra densità rispetto alla testimonianza e al martirio di chi pubblica nella pagina scritta.

Il caso di Anna Politkovskaja ha emozionato l’opinione mondiale, sebbene poi le reazioni si scontrino con il muro di gomma dell’impotenza. Quelle dei blogger dissidenti sembrano storie da playstation, non bucano né la rete né lo schermo né i giornali, e la figura del diarista elettronico in rivolta contro l’autoritarismo evoca un contesto di individualismo, di isolamento personale, di clandestinità avvolta in una sinistra trasparenza virtuale. La rete diventa una popolosissima gabbia per canarini e ogni tanto uno dei suoi abitanti cade abbattuto senza particolare strepito o scandalo.

Bisogna cambiare questo andazzo. Attraverso il tam tam, il passaparola, sarebbe giusto lanciare una campagna globale di attiva e militante solidarietà politica con i blogger in lotta per la libertà civile, per i diritti umani, e spesso per la vita. La rete è il luogo del massimo contagio informativo oggi possibile, i siti scritti e audiovisivi, e i social network, stanno acquisendo un posto perfino imbarazzante o ingombrante nella vita collettiva e in quella privata, individuale, di centinaia di milioni di persone. La rete arriva dovunque, ma che cosa porta? Bisogna imparare a battere il tamburo, a emettere luce e suono oltre la cortina di sordità e di opacità di un mezzo postmoderno che non si è ancora conquistato uno statuto pieno e significativo. Come mobilitare la rete in modo efficace per colpire l’immagine e gli interessi di quei regimi che perseguitano chi abita il suo spazio: ecco una questione da affrontare, che vale almeno quanto la chiacchiera, la frivolezza e la vanità di tanti video e di tanti post.


L’armata Brancaleone di Tonino il questurino in marcia verso l’Europarlamento si arricchisce dei massimi esponenti del vittimismo-giustizialismo nostrano. «Tutta gente della società civile», ha sbandierato Di Pietro. Eccoli i martiri con la venerazione delle manette: il giornalista Carlo Vulpio che accusa di essere censurato; la statal-antimafiologa Sonia Alfano che vede cosche in ogni angolo delle istituzioni e il magistrato Luigi De Magistris. Proprio De Magistris, la chiacchierata toga affamata di fama, dovrebbe mettere in imbarazzo il leader dell’Italia dei valori. Ma forse non sarà così. «Nel nostro partito non troveranno mai posto candidati indagati o condannati», ripeteva come un disco rotto Tonino per presentarsi agli italiani come l’unico ad avere le mani pulite. Poi c’è Pino Arlacchi già collaboratore della Dia, ex parlamentare Pds, e poi vicesegretario dell’Onu. Chiacchiere pure su di lui, visto che grazie ad un accordo fece arrivare al regime talebano in Afghanistan 25 milioni di dollari in cambio di una limitazione della produzione del papavero da oppio. Come mai la purezza politica per loro non vale? Berlusconi è un santo, vi sta salvando da un disastro economico e voi blaterate, non sapendo fare altro. Vergognatevi. Sono sempre più convinto che più ne assumerete e più aumentiamo consensi.

sabato, marzo 14, 2009


Elemosina + compassione = vergogna.
Caro neo segretario di un partito allo sbando, ultimamente stai usando la parola elemosina molto spesso. Ciò che elargisce lo Stato per tamponare la crisi, tu la chiami elemosina. Bene. Ma lo sai cosa significa elemosina? No, non lo sai, non lo sai tu e i tuoi seguaci ad oltranza. Deriva da un termine greco che significa «avere compassione». Il governo non ha fatto in tempo a presentare il piano di aiuti per chi perde il lavoro e già era arrivata la bolla epifanica della Cgil: «È un’elemosina». Sono stati velocissimi, davvero: roba che al confronto Speedy Gonzales è un tricheco.
La social card? Un’elemosina di Stato. Il bonus per le famiglie? Un’elemosina di Stato. Il prestito per bebé? Un’elemosina di Stato. L’intervento sui mutui? Un’elemosina di Stato. E quello sulle bollette? Pure. Il contratto con gli statali? Va da sé: un’elemosina di Stato. Così come non so se la social card e il bonus famiglie siano elemosine. Quello che so è che, un’elemosina dopo l'altra, mai erano stati fatti tanti interventi a sostegno delle famiglie e di chi è in difficoltà. Quello che so è che, per quanto i soldi siano pochi, è sempre meglio un governo che li mette in tasca di uno che li toglie, come erano soliti fare l’aspiratutto Visco e il suo sodale, Padoa-Schioppa, l’uomo per cui le tasse erano bellissime. E quello che so, infine, è che prima di parlare di vergogna dell’elemosina, bisognerebbe almeno aver imparato cos’è l’elemosina. E, soprattutto, cos’è la vergogna.
Mi spiego. Tu sei uno dei più scatenati nella guerra, bocci ogni iniziativa del governo; ma che cosa propon in cambio? La Franceschini Tax, l’una tantum sui redditi oltre 120mila euro da ridistribuire agli italiani che hanno redditi inferiori ai 6mila euro. Perfetto. Ma basta fare due calcoli per scoprire la vera faccia dell’elemosina (e della vergogna). A pagare la Franceschini Tax, infatti, sarebbero circa 176mila contribuenti (lo 0,43 per cento del totale) per un gettito complessivo di 500 milioni di euro. A incassare il bonus sarebbero invece 9 milioni e 300mila italiani (il 23 per cento del totale). Ma sapete quanto incasserebbe ognuno di loro? 53 euro l’anno. Cioè 4 euro e 40 centesimi al mese. Un caffè al bar a settimana.
esto sarebbe il contributo dell’una tantum sui redditi alti, questo sarebbe l’aiuto che Franceschini darebbe a chi ha bisogno. Ma a forza di pronunciarla a sproposito molti dimostrano che non hanno affatto compassione. Tutt’al più la fanno.

sabato, marzo 07, 2009


Un modo come un altro per uscire dalla crisi.
Vi riporto le parole di Roosevelt, quelle che il presidente della grande depressione disse agli americani: «Adesso uscite di casa. Andate a mangiare hamburger, verniciate i garage, vivete come prima». E il 2009 sarà duro. Non orribile. Se tutti devono fare sacrifici, facciamoli, anche noi, privilegiati dal doppio stipendio. Faccio una proposta: i parlamentari devono devolvere euro 1000 al mese, i governatori di regione euro 600, di provincia euro 500, i sindaci di città metropoli 1000, quelli di medi comuni 500, quelli piccoli 200 euro, gli assessori regionali e provinciali 400 euro i dirigenti euro 400/600, dipende dal loro stipendio, i dottori con mille “clienti” 400, gli altri 200, gli ospedalieri che hanno anche lo studio privato 600 euro, solo ospedalieri 300, gli infermieri 200, gli insegnanti con 20 anni e oltre di anzianità euro 200, gli altri 100, personale ATA 100 euro, operatori ecologici 100 euro. Cifra che andrà corrisposta per 5 mensilità con un bonifico bancario alla Caritas e alla CRI dovranno farsi carico di questa incombenza, su tutto il territorio nazionale.

Operatori nel campo dello spettacolo con contratti milionari, 100mila euro una tantum, come pure giocatori e allenatori, gli altri 10mila euro. Creare una cassa speciale e aiutare chi effettivamente è stato penalizzato dalla crisi ci infonde fiducia nel futuro e ci permette di superare la crisi senza traumi.

giovedì, marzo 05, 2009


E ora come la mettiamo?
Quando sono state proposte «classi ponte» per permettere agli scolari stranieri di mettersi al passo con gli italiani, come accade in tutto il mondo, le anime belle hanno scatenato la polemica: «Così si creano ghetti». Quando viene proposto un tetto di stranieri per classe (del 20 per cento a Como, del 30 per cento a Bolzano...) le anime belle scatenano la polemica: «Così si creano ghetti». Risultato: non si fa nulla. E così si creano davvero ghetti. Nelle scuole senza ponti e senza tetti restano solo i muri, quelli sì invalicabili, eretti dall’ipocrisia e dalla stupidità. Adesso le classi ghetto ci sono davvero. Le classi ghetto nascono grazie al buonismo della sinistra, al politicamente corretto in salsa rossa, alle nenie ipocrite in stile Livia lacrimans Turco e Rula Jebreal. E mi piacerebbe vedere che cosa dicono adesso questi esemplari del falso in rilancio, dietro quale bugia andranno a nascondersi per spiegare il loro clamoroso autogol: dicevano di no alle classi ponte? Perfetto: adesso abbiamo le classi speciali. Dicevano di no alle quote per stranieri? Perfetto: adesso abbiamo la fuga degli italiani.
La notizia del giorno:l a Milano, elementare Paravia, il prossimo anno ci sarà una prima classe composta solo da alunni stranieri. Un caso isolato? Macché: succede anche a Torino (elementare Fiocchetti), mentre alla Pisacane di Roma c’è una classe che il prossimo anno prevede tutti scolaretti stranieri tranne uno italiano. Cari sinistri, siete allo sbando, fate proposte inattuabili, accusate, criticate e continuate a fare danni. Prendetevi un periodo di ferie, fino alla prossima legislatura, lasciate governare il Caimano e poi tornate, tanto se ci siete o non ci siete, nessuno se ne accorgerà.

mercoledì, marzo 04, 2009



Esimio Franceschini è l'alba o il tramonto? La crisi del Pd è parte anche di una crisi delle forze di sinistra in tutta Europa. La ventata obamiana non c’è stata e si rivolgerà verso le forze che sceglieranno l’innovazione e non la conservazione. La sinistra attuale vive nei miti del passato, quando non ha sposato ricette utra-liberiste. Il fallimento è politico, personale ma soprattutto culturale. La vecchia sinistra è proprio finita. Senza rimpianti e con qualche rancore. Vuoi vedere che rimpiangeranno UOLTER?

domenica, marzo 01, 2009

Mamma tuttofare e papà bancomat
In un precedente articolo avevo definito il papà, “bancomat” perché il suo ruolo, in seno a questa società è solo quello di portare lo stipendio a casa e dare la paghetta agli eredi. Non avevo parlato della mamma tuttofare, impegnata a casa e al lavoro. Uno stress. Come al solito si parla di progresso, di pari opportunità delle donne nel mondo del lavoro e politico. Ma credo che le prime a capire la fregatura sono state proprio le donne. Qualcuno ha, sommessamente, paventato l’idea di abolire ufficialmente la festa del papà. Nessuno, ormai si degna di parlarne, nemmeno quelli della pubblicità, solo la Ferrero. Che differenza con la festa della mamma, e ancora di più con quella della donna. Si avvicina l’8 marzo e saremo sommersi di mimose e di cene di sole donne; noi mai fatte cene di solo uomini per la festa del papà, (sarebbe opportuno incominciare).
Guai e pestilenze al marito o fidanzato che dimentichi auguri e mimose, l’8 marzo. (io l’ho sempre dimenticato). A noi papà, invece, di regali non si parla neppure, meno male che qualche maestra/o si ricorda ancora di suggerire ai bambini delle materne e delle elementari di preparare un lavoretto. (io lo faccio sempre fare ai miei alunni). Tanto i bambini sono piccoli, non sanno ancora che noi poveri papà siamo gente che non conta più un fico secco, una categoria in via di estinzione come gli stenografi.
E’ giusto prestare maggiore attenzione alle mamme: il fardello più pesante lo portano loro, non c’è dubbio. Oltre alle mogli anche i figli ci surclassano, la Eta Meta Research ha pubblicato uno studio eseguito con un pool di trenta psicologi: sette figli su dieci si dicono insoddisfatti dei propri padri. Forse perché siamo troppo assenti come dice il sociologo di turno? Forse perché passiamo troppo tempo sul lavoro? Neanche per sogno: i pargoli sono insoddisfatti, dice la ricerca, perché caro papà «non sei diventato abbastanza ricco e potente». Il 63 per cento accusa il genitore di «non aver fatto abbastanza carriera», il 58 di «non aver raggiunto una posizione tale da garantire loro un futuro privo di preoccupazioni». Dei bancomat, ecco che cosa siamo diventati. Beffa nella beffa, più della metà (54 per cento) salva la mamma, mentre solo il 9 per cento si dice pienamente soddisfatto del proprio padre. Invoco un Telefono Grigio che faccia da contrappunto al Telefono Azzurro. Anche perché, diciamo la verità: i papà della mia età sono i migliori mai apparsi sulla Terra. Adesso le nostre mogli quando siamo a casa ci riempiono di commissioni e incombenze: ti sei divertito tutto il giorno in ufficio, ora sotto a lavorare. Il papà una volta era la prima autorità: oggi si cerca di farlo sparire degradandolo al ruolo di vicecolf. (responsabilità sua perché se ne lava le mani). La moglie dice:” Mio marito mi ha delegato a educare i figli”. E si vede come vengono su i nostri pargoletti. Ho il sospetto che la rimozione del genitore sia stata preparata con cura da tempo. La mia generazione è cresciuta con la compagnia di un mondo fantastico popolato di zii, nonni, nipoti, fidanzati e amici, tutti per uno….
Sto scrivendo una sciocchezza? Può darsi. Sta di fatto che la figura del padre sta per essere eliminata perfino dall’anagrafe. Si potrà scegliere, infatti, tra il cognome del padre e quello della madre. Mio figlio si chiamerà Vincenzo Sgambato. Cari padri non vi crucciate, sarà tutta una faccenda al femminile, tutto si ridurrà a una storia tra il bebè e sua madre. Così perderete definitivamente ogni autorità, ma anche ogni responsabilità. Sarete liberi! Potrete riprendere tranquillamente a far carriera, divertirsi con gli amici, a caccia, a pesca, in crociera con l’amante lasciando sole le donne con le loro mirabili conquiste civili e i poveri figli ridotti a ruolo di giocattolo da mostrare come un trofeo sottratto all’uomo, mentre lo stesso pargolo, beve e si impasticca, per sopperire all’ assenza di Lui.